Raccontare l'adolescenza: “Nascondersi” di Jaime Fountaine

“Quello che da queste parti chiamano “Caccia all’uomo” non è altro che nascondino a squadre, rubabandiera senza una bandiera”


Nascondersi, romanzo dell’autrice Jaime Fountaine edito in Italia da Pidgin Edizioni, è un salto carpiato all’indietro nel mondo dell’adolescenza. Nel mio caso è bene specificare all’indietro, proprio perché l’adolescenza è ormai un ricordo sbiadito lontano nel tempo, sebbene le emozioni e le sensazioni tipiche di quel periodo restino, inspiegabilmente, ben chiare e delineate nella mia mente (così come nella vostra, sono sicura). Abbiamo vissuto tutti, chi più chi meno, quell’angoscioso senso di inadeguatezza che solo il periodo dell'adolescenza può darti, in cui sprofondare in un baratro oscuro ed eclissarsi nell’oblio più profondo sembra l’unica strategia di sopravvivenza. Un quadro abbastanza melodrammatico, come l’adolescenza dopo tutto. Basti pensare che già al tempo il mio nickname era ‘quasi adatta’, che in effetti la dice lunga sulla mia attitudine alla vita ma mi sembra anche un portentoso messaggio di speranza, se ce l’ho fatta io, c’è speranza per tutti.Difatti, Jaime Fountaine, autrice americana di cui sappiamo ben poco, sembra invece sapere benissimo come funziona l’adolescenza e soprattutto come funziona la mente di un’adolescente. Il titolo originale dell’opera, Manhunt, sapientemente tradotto in italiano con Nascondersi, ci fa già capire che parliamo di quel periodo della vita che passiamo, appunto, a nasconderci. E non solo durante le partite a nascondino, come la protagonista del romanzo. Con il senno di poi, infatti, realizziamo che la maggior parte del tempo la passiamo a nasconderci da noi stessi. Ma del senno di poi è pieno le fosse, come diceva un saggio, e star dietro a quel vortice perpetuo di sensazioni nuove in cui stare a galla non è un affare da poco. E di certo nella vita non puoi aspettare che qualcuno sbuchi dal nulla con un salvifico “piomba libera tutti!”.

In questo romanzo siamo nella periferia americana, immersa in una rovente calura estiva e un’adolescente abile nel barcamenarsi tra una madre assente, il lavoro da babysitter e le prime esperienze con i ragazzi, cerca in ogni modo di dare alla sua adolescenza una parvenza di normalità. Ed è proprio quel senso di normalità che costituisce un’arma a doppio taglio, capace di farti sentire al sicuro, parte integrante di un ingranaggio ben consolidato e allo stesso tempo inutile, totalmente insignificante agli occhi degli altri, senza un posto o uno scopo nel mondo.

"Abbiamo passato abbastanza tempo insieme da dimenticarmi qual è il mio posto. Non faccio davvero parte delle cose, sono solo nei paraggi."

L’adolescenza è senz’altro un periodo difficile da raccontare, prima di tutto perché un periodo difficile da vivere. Jaime Fountaine, attraverso gli occhi di una protagonista senza nome, va a scandagliare proprio questo senso di straniamento e solitudine che si fonde alla malinconica necessità di assecondare gli altri, modificando la nostra personalità per essere integrati.  

“Avere delle amicizie richiede fingere tantissimo. Fingere che ti piacciano tutte le stupidaggini che piacciono alla gente. Fingere che ti importino cose come sport o brutta musica o stupidi programmi televisivi. Fingere che abbia senso vestirsi come tutti e comportarsi come tutti, quando non mi sento come nessun altro nel mondo intero.” 

Per questo nascondersi sembra la soluzione più semplice - un po' come mimetizzarsi nel branco - eppure allo stesso tempo tutto quello che desideri è essere parte di un qualcosa di più grande, in una perpetua lotta interiore tra il celarsi e il mostrarsi, avvicinarsi e allo stesso tempo schermirsi agli occhi degli altri – soprattutto a quelli dei maschi.

“Jason si era trasferito qui tre anni fa, quando avevamo tipo dieci anni, e i maschi facevano ancora un po’ schifo. Cioè, fanno ancora schifo. È solo che dovremmo farceli piacere."

Tutti i protagonisti, dalla madre all’inquietante maniaco che si aggira di soppiatto nel quartiere, vivono in questo limbo, divisi tra il desiderio di nascondersi e la smodata volontà di essere visibili e occupare uno spazio nel mondo.Anche e, forse, soprattutto, il rapporto con la madre e i suoi sedicenti fidanzati è un vero e proprio enigma da risolvere per riuscire a trovare un equilibrio tra l’essere figlia e fare da madre alla propria madre. Un meccanismo complesso che va a intersecarsi in un insieme di elementi sensibili, dalle prime esperienze con i ragazzi ad una nuova consapevolezza del proprio corpo, che rappresenta una vera e propria presa di coscienza di una nuova forma in continuo mutamento. Il corpo è un veicolo di cui la protagonista sembra aver perso il controllo; all’esterno è un involucro volto ad attirare le attenzioni dei maschi, all’interno un elemento dalle potenzialità sconosciute in continuo mutamento.

“Ora il corpo non è mio. Appartiene a tutti gli altri, e a nessuno piace così com’è.”

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